Anche in Italia questi sono tempi di grande cambiamento, di effervescenza e di rischio: tale situazione, che si mostra con tutte le caratteristiche di un sistema complesso mutante in modo imprevedibile, dipende dalle relazioni di molte variabili che si intrecciano tra di loro, di tipo demografico, economico, sociale, tecnologico, ambientale. Non si possono cogliere i segni dei tempi, quelli che ci mostrano una direzione ed un senso profondo nelle trasformazione di questo sistema, se ci si ostina ad inquadrare il mondo con categorie inadeguate, ad osservarlo con vecchi occhiali, a considerarlo alla luce di tendenze che non sono più tali. Soprattutto non si possono immaginare né spiegazioni mono-causali ne sviluppi necessari e lineari; gli attori stessi che sono causa ed oggetto di questo cambiamento potrebbero rivelarsi assai diversi da quelli che vorrebbe il pensiero unico dominante.
1. Marcel Proust affermò che “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Ceteris paribus, la cosa più importante per vedere ciò che oggi è essenziale è avere il coraggio di guardare il mondo con occhi nuovi. La vera scoperta consiste nel guardare le cose date per scontate con altri occhiali, osservarle attraverso il filtro di buone teorie anziché attraverso lo schermo del pregiudizio, del dato per scontato. Cose ed eventi parlano in modo nuovo a chi ha l’ardire di lasciarsi sorprendere mentre il passato non sembra più fornire una guida attendibile per il futuro. Per assumere questa nuova prospettiva bisogna avere il senso della complessità, avere testa libera e piedi ben appoggiati al terreno; urge vivere l’adesso e ricercare al di la del senso comune e della comune opinione la tradizione che ci lega al passato e la visione che ci connette al futuro. Bisogna accettare la sfida della creatività che fa l’uomo degno di chiamarsi uomo.
2. La creatività rappresenta una caratteristica riconosciuta dell’indole italica, si esercita in mille modi e in ogni contesto: ci aiuta a costruire un mondo nuovo ma anche a pensare e a valutare quello in cui viviamo. La cosa più importante per vivere bene nel mondo attuale e in quello futuro non è l’accesso al consumo e al potere ma l’accesso assai più difficile al senso e al significato. Un mondo sempre più dominato dalla tecnologia che sembra produrre certezze e dare risposte si fonda infatti su una scienza che sempre più interroga e pone domande. Un mondo dominato dall’abbondanza di beni materiali è allo stesso tempo tormentato da una spasmodica ricerca di senso che le merci non riescono a placare. Se il destino è quello di vivere in un ambiente tecnologico intelligente, popolato di oggetti intelligenti in costante evoluzione, impiantato in un ambiente naturale sempre meno naturale, è la natura e l’identità stessa dell’uomo che deve essere profondamente ripensata. Ma per far questo serve assoluta consapevolezza circa la natura del sistema sociale: bisogna comprendere le forze che spingono, tirano, manipolano ed influenzano. Non si può continuare a pensare l’uomo come un consumatore e la società come un sottoprodotto dell’economia pena la distruzione del sistema stesso.
3. La tecnologia come la ricchezza non è equamente distribuita tra gli oltre 7 miliardi di persone che abitano il pianeta: il nuovo mondo tecnologico si mostra dominato da terribili tensioni demografiche. A fronte di stati poveri in costante e drammatica crescita demografica, i dati ISTAT mostrano che in Italia la popolazione over 65 è oggi pari al 20,3% (con una stima per il 2043 del 32%) a fronte di una popolazione complessiva tendenzialmente stabile intorno ai 60 milioni. E’ un dato che, insieme al bassissimo tasso di natalità (circa 1,4 figli per donna a fronte di un tasso di 2,1 necessario per mantenere costante la popolazione) e all’aumento della durata media della vita, spaventa molti che vedono in questo processo demografico i più svariati pericoli, che vanno dalla crisi delle pensioni alla perdita dell’identità culturale travolta da flussi immigratori incontrollati e forse incontrollabili. Questi numeri devono far molto riflettere anche se una interpretazione puramente negativa non è né unica né necessaria: dal riconoscimento della realtà di fatto possono e devono nascere soluzioni nuove, in grado di superare sia la paura sia la pochezza delle posizioni che esprimono il verbo del politicamente corretto.
4. I quasi 13 milioni di italiani over 65, pensionati che troppo frettolosamente si definiscono anziani, sono numericamente essenziali per il presente e per il futuro del paese, ma sono riconosciuti raramente come veri protagonisti sociali attivi di questo cambiamento epocale. Più spesso – quando non sono ricchi e potenti – sono descritti come obsoleti (sorte che tocca anche agli over 50 espulsi dai processi produttivi), ridotti allo stereotipo del/la nonno/a, eletti a sostegno economico delle famiglie dei figli impoverite dalla crisi; raramente l’enorme patrimonio di conoscenze, relazioni, competenze, motivazioni e storie associate ad un intero percorso di vita viene riconosciuto e valorizzato. Chi esce integro da una vita di lavoro ha oggi davanti a sé una lunga speranza di vita, un periodo potenzialmente creativo dove recuperare la dimensione del gioco e della gratuita. Un periodo nel quale l’adulto che ha lavorato può permettersi di tornare ad essere bambino in una misura che, ai bambini di oggi, totalmente manipolati fin dalla più tenera età per diventare i consumatori di domani, riesce paradossalmente molto difficile. Ma non solo: gli anziani che dispongono di una pensione dignitosa, non più implicati nei meccanismi di carriera e nei faticosi processi sociali indispensabili per mantenere la reputazione lavorativa, sono potenzialmente liberi da molte delle pressioni che obbligano ad atteggiamenti e comportamenti fortemente stereotipati: chi se non siffatte persone potrà ancora affermare che “il re è nudo”?
Proprio gli anziani possono fornire quei servizi ad alto valore sociale e culturale che il welfare spolpato non è più in grado di garantire; essi possono essere gli attori fondamentali per difendere, creare e ri-creare i beni comuni e la fiducia indispensabile al funzionamento della società. Una sfida e un possibile compito a suo modo esaltante e di assoluta necessità se si vogliono evitare i fantasmi di un imbarbarimento che si profila con inquietante frequenza nelle nostre vite.
5. L’impegno e la responsabilità personale e collettiva di tutti gli umani viventi, ovvero di tutte le generazioni, è la chiave di volta per governare un cambiamento urgente che, in Italia, deve essere innanzitutto consapevolmente indirizzato sui binari di una cultura e di una storia che rimangono uniche. L’impegno è necessario per ricostruire costantemente quel capitale sociale che un’economia selvaggia implacabilmente distrugge.
La responsabilità è necessari in un mondo che deve essere concepito come un sistema complesso in cui tutto è connesso, anche le vecchie e le nuove generazioni. In questo mondo ogni piano ed ogni progetto che parte con giuste pretese di razionalità, genera con grande probabilità effetti inattesi, esternalità ed effetti perversi; produce apprendimenti e benedizioni, conseguenze che a volte superano o vanno in altra direzione rispetto agli obiettivi inizialmente definiti.
Per agire bene in questo mondo, che ha la delicatezza e l’eleganza di un sistema biologico piuttosto che la forza cieca e il determinismo di un dispositivo meccanico, serve una consapevolezza profonda e diffusa, ancora ben lontana dal senso comune che premia il conformismo e il dato di fatto, che tutela l’opinione autorevole a discapito dell’argomentazione ben fondata, che esalta lo scontro rissoso rispetto alla ricerca del bene comune.
6. Oggi più che mai c’è bisogno d lanciare una sfida creativa che sappia coinvolgere anche le vecchie generazioni, in una nuova creazione collettiva di senso, fondata su assunti diversi da quelli promossi dal cosiddetto pensiero unico dominante. Ma per far questo bisogna saper riconoscere l’arte e la poesia presenti in ogni cosa, come bisogna ammettere ed accettare la parte d’’ombra che è in noi e nella società. La tecnologia di per sé non rappresenta la soluzione definitiva dei problemi umani così come non ha potuto esserlo l’economia troppo legata alla produzione e al consumo. Piuttosto, nel nuovo ambiente, la sfida del significato assume dimensioni che non sono più esclusivamente riducibili al consumo e richiede risposte creative che sono tutte da inventare; qui c’è tutto lo spazio per ricostruire e (finalmente) rinnovare la politica come dimensione generativa produttiva di senso e non solo meccanismo produttivo di consenso.
In fondo, cos’è la creatività se non la capacità di vedere relazioni laddove nessuno pensava che esistessero?
Si può fare!
Passaparola.
One Response to “Dovremmo diventare tutti più creativi? 6 suggestioni per affrontare con maggior leggerezza il futuro”
Marcel Proust affermò che “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Io sono d’accordo. Sono anche d’accordo sul fatto che la creatività sia una strategia di rinnovamento sociale e personale. Per gli over 50 ma anche per gli over 20 che sono nelle condizioni di inventarsi un lavoro, di cambiarlo e plasmarlo con assoluta rapidità se non vogliono soccombere alla dura legge del mercato (che nessuno ha mi davvero capito fino in fondo cosa sia, visto che il mercato “puro” non esiste, men che meno in Italia) e alla durissima legge di una quotidianità non garantita professionalmente, ben aldilà delle competenze.
Ma in tutto questo “ansamble” difficile e depressivo sbuca un fiore di loto dalle mille sfumature. La chiamiamo genericamente creatività. E’ quella abilità che ti permette di vedere a colori il mondo, che ti permette di trovare soluzioni diverse a problemi cogenti, spiazzando gli altri e garantendoti margini di libertà tonificanti. Chi canta, balla, scrive, suona, o semplicemente trova una soluzione “diversa” a qualche accidente che gli è capitato, vive un momento di assoluto privilegio sia rispetto ai vincoli usuali che una quotidianità cogente con le sue mille oscenità ti impedisce di vedere, sia rispetto a possibili ulteriori vincoli accidentali e accidiosi. E così si può trovare un nuovo lavoro, delle nuove relazioni, una nuova vita, un nuovo amore, una pace inaspettata. Liberare la creatività è la migliore strategia che io conosca per ridare senso a questa vita riempiendola di inaspettate soddisfazioni(che la allungano e tonificano). Lo dico a ragion veduta, dietro l’angolo della creatività sbuca un mondo nuovo, sarà una grande sorpresa per chi lo saprà vedere e apprezzare in tempo.