La mia valutazione: piccolo contributo professionale per sostenere l’evoluzione verso una società buona

Posted by on 30 Gennaio 2016 in Blog | 0 comments

La mia valutazione: piccolo contributo professionale per sostenere l’evoluzione verso una società buona

In Italia si è iniziato a parlare diffusamente di valutazione circa 25 anni fa quando il termine è uscito dagli ambienti scolastici e specialistici per essere applicato a progetti, programmi, politiche e servizi. L’idea di fondo era che attraverso di essa si potesse dare un potente contributo al miglioramento dei servizi e degli interventi pubblici introducendo elementi di razionalità in processi largamente dominati da criteri burocratici e di spartizione politica. Una spinta in tal senso era venuta senz’altro dagli obblighi connessi ai finanziamenti europei che hanno imposto anche in Italia processi trasparenti di valutazione a garanzia del buon uso dei fondi per il raggiungimento di specifici obiettivi.

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In quel tempo nacque anche l’AIV – Associazione Italiana di Valutazione, organizzazione non profit finalizzata a promuovere la cultura della valutazione nel nostro paese, seguendo le esperienze ormai consolidate nei paesi anglosassoni. Allora era difficile parlare di valutazione e realizzare ricerche  valutative sia per la mancanza di sensibilità che per la scarsa diffusione di teorie, metodi e strumenti. Oggi si parla anche troppo di valutazione ma ancora  essa non è entrata pienamente e correttamente nell’accompagnare processi amministrativi, pianificatori e gestionali.

Ma cos’è questa valutazione? In estrema sintesi essa è un campo di saperi condiviso, dove convergono conoscenze provenienti da diverse discipline, la cui applicazione pratica consente di giudicare la qualità di piani, progetti, politiche, servizi ed altri oggetti complessi, fornendo informazioni indispensabili ai processi di decisione e di gestione strategica ed operativa. Ciò che differenzia questo tipo di ricerca valutativa dalla valutazione scolastica o professionale, che tutti abbiamo imparato a conoscere per esperienza diretta, è il diverso oggetto su cui si focalizza: aggregati organizzati e piani d’azione in un caso, singoli soggetti ed apprendimenti nell’altro.

Purtroppo, agli occhi di molti politici, amministratori e dirigenti la valutazione si riduce al rispetto delle procedure e agli adempimenti richiesti dai protocolli. Da molti operatori essa è temuta. Per molti la valutazione coincide con il giudizio, con la misurazione, con il controllo, con la selezione. Queste interpretazioni riduttive minano alla base le potenzialità insite in un processo che si manifesta sempre – come gli oggetti ai quali si applica – in un contesto sociale complesso, in un’arena politica dove agiscono attori con diversi interessi e spesso diversamente orientati in termini valoriali .

Valutazione

Ci sono molte definizioni che è importante conoscere ma, per me, la valutazione è innanzitutto un processo generativo attraverso il quale si produce e si attribuisce valore a persone, gruppi, organizzazioni, comunità, piani, progetti, politiche, prodotti e servizi.

Si crea valore generando apprendimento a livello di persone, gruppi, organizzazioni, nel momento stesso in cui si costruiscono le relazioni con le persone e si raccolgono, elaborano e condividono le informazioni indispensabili a valutare, si scoprono imprevisti ed effetti inattesi, si esplorano criticità e soluzioni alternative.

Si crea valore generando e potenziando le capacità delle persone coinvolte (empowerment) nel processo dotandole di nuove risorse cognitive ed emotive indispensabili per governare meglio il proprio lavoro e il proprio ruolo.

Si crea valore mostrando e mettendo in risalto la qualità e l’estensione dei risultati,  scoprendo le benedizioni, ritornando la qualità delle performance, evidenziando le motivazioni di eventuali insuccessi, scoprendo come e perché gli obiettivi sono stati raggiunti o sono mutati nel corso del tempo.

Si crea valore mettendo a disposizione dei decisori informazioni valide, utili, spendibili e tempestive, comunicando in modo trasparente ai diversi portatori di interesse le conclusioni, mostrando pubblicamente le lezioni apprese affinché altri possano imparare.

Per me, la valutazione è un processo che comporta sempre un interrogare e un interrogarsi che aiuta la comprensione, l’apprendimento, il discernimento e il giudizio ben ponderato. Chi? Cosa? Come? Quando? Dove? Perché? …sono gli aiutanti che facilitano  ed accompagnano sempre ogni processo di valutazione.

Per me, la valutazione non è una procedura di ispezione ma piuttosto un processo di facilitazione e accompagnamento che aiuta e favorisce l’emergere di potenzialità latenti, la scoperta e l’innovazione; che aiuta a ben governare i sistemi di azione e ad orientare le persone e gli aggregati sociali verso finalità condivise usando tutte le risorse messe a disposizione dalla ricerca sociale quantitativa e qualitativa, dalla ricerca operativa, dal project management, dalle tecniche decisionali, dai metodi partecipativi, dalle tecnologie digitali e multimediali e, in particolare, dai social media.

Per me, l’azione del valutare si fonda e non può prescindere da  una visione sistemica; essa obbliga ad alzare lo sguardo dal contingente e contemporaneamente focalizzarlo su aspetti specifici senza perdere di vista la totalità. Il modo di pensare genuinamente valutativo spinge a vedere le cose che connettono il sistema oltre a quelle che lo compongono; a considerare l’aspetto sincronico con tutte le correlazioni possibili e quello diacronico che obbliga a fare i conti con la causalità, a tener sempre conto dei valori.

Invita e costringe a guardare alle conseguenze di ogni azione pensata come variabile interveniente all’interno di un modello logico causale. Un’azione (ma potremmo dire un progetto, un piano, una politica, un servizio) è buona e giusta in base alla qualità delle  conseguenze che produce: ad esempio se permette di ottenere i migliori effetti positivi per il maggior numero di persone.

Invita e costringe a guardare ai doveri, alle regole in ottemperanza alla norma aurea “ non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”. Un’azione (ma potremmo dire un progetto un piano, una politica, un servizio)  è giusta e buona se deriva dal rispetto di un obbligo derivante da ruoli, leggi, prescrizioni di tipo religioso o morale, ovvero da obbligazioni ed aspettative che altri soggetti hanno rispetto ai comportamenti propri di un ruolo o di una persona.

Invita e costringe a guardare ai diritti, trattando le persone sempre come un fine in sé e mai come un mezzo. Un’azione (ma potremmo dire un progetto un piano, una politica, un servizio) è giusta e buona se tiene sempre in considerazione i diritti di ogni persona, li rispetta e li garantisce tenendo conto delle differenze culturali.

Invita e costringe a tenere in debito conto il concetto di cura, ricercando sempre soluzioni a situazioni specifiche in funzione del luogo, dei partecipanti, delle sensibilità, piuttosto che puntando tutto sul metodo e sulla ricerca di generalizzazioni adattabili ad ogni caso.  Un’azione (ma potremmo dire un progetto un piano, una politica, un servizio) è giusta e buona se sviluppa e protegge con grande attenzione le relazioni e tiene conto del contesto nel quale si manifestano i dilemmi etici di creature sensibili.

Infine invita e costringe a guardare alla giustizia sociale e all’equità esplorarando con cura le ricadute diversificate in termini di differenze di genere, etnia, classe, età, territorio. che spesso accompagnano l’implementazione dei programmi e dei progetti. Un’azione (ma potremmo dire un progetto un piano, una politica, un servizio) è giusta e buona se garantisce l’equità ovvero se garantisce un comune accesso alle libertà fondamentali, se contrasta l’ineguaglianza sociale e la sperequazione economica.

Per me, la valutazione è sia una tecnica, con i suoi metodi e i suoi strumenti, che un arte con la sua creatività e i suoi criteri estetici. Richiede il dominio di metodi e la sensibilità per applicarli, richiede la conoscenza di strumenti e approcci e il discernimento per sceglierli. Richiede la capacità di individuare e selezionare informazioni pertinenti e la padronanza di teorie e quadri concettuali entro cui farli parlare.

Per me la valutazione è un processo attraverso il quale si immette valore nella società e si contribuisce a migliorarla, un modo attraverso cui sostenere la democrazia (ammesso che questo termine abbia ancora un senso concreto), alimentando una discussione e una conversazione continua sugli usi delle risorse, l’equità e la valorizzazione dei beni pubblici e collettivi.

Possiamo ancora ridurre la valutazione ad un semplice e noioso adempimento burocratico volto a soddisfare le richieste amministrative di un qualche finanziatore? Decisamente no se la si prende sul serio e si intende davvero finanziare interventi per cambiare e migliorare qualche sistema o situazione. Decisamente si se gli interventi sono fatti solo per impegnare e far circolare denari o al più per generare occupazione temporanea.

A come la vedo io la valutazione è cosa buona, e, visto che in molti casi è pure obbligatoria, tanto vale farla bene.

Se anche tu credi possa essere utile, passaparola!

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