Prove di programmazione: 4 suggerimenti per Piani di Zona e di Salute utili ed utilizzabili.

Posted by on 31 Luglio 2011 in Blog | 2 comments

Prove di programmazione: 4 suggerimenti per Piani di Zona e di Salute utili ed utilizzabili.

Le diverse forme di programmazione locale incentivano la costruzione di documenti (i Piani) privilegiando modalità di tipo partecipativo, le quali andranno ad accompagnare anche la successiva implementazione ed i concomitanti processi di valutazione. Malgrado l’attivazione di questi processi rappresenti una grande opportunità, gli attori chiamati a programmare in modo partecipato tendono oggi a cogliere, fra le maggiori conseguenze, l’impegno e la fatica.

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Perché il sistema di governance è normativamente orientato e quindi sottoposto ad una serie di vincoli, per i ruoli e le funzioni che è chiamato a realizzare, per la complessità dei processi gestionali e per l’esigenza di raccogliere tutte le informazioni necessarie per mettere a punto ed attuare una strategia in grado di portare nei territori cambiamenti positivi. È la sfida intrapresa da coloro che sono chiamati a realizzare i Piani di Zona e i Piani di salute. A partire da queste premesse, vale la pena soffermarsi su alcune problematiche sfidanti che possono tradursi in opportunità.

1. Non di soli servizi vive l’uomo. Ovvero, quali bisogni?

Individuare e selezionare criticamente i problemi principali a cui un Piano intende dare (con un certo grado di urgenza) risposta è una delle prime azioni su cui gli attori incaricati della programmazione locale investono le proprie energie e risorse. L’esperienza di chi accompagna (con azioni formative o consulenziali) i processi di analisi di problemi e bisogni insegna che la risposta a questa domanda (quali sono i bisogni principali che affliggono la mia popolazione?) ne sottintende spesso una ulteriore e diversa (di quali – e quanti – servizi ha bisogno la mia popolazione?). Solitamente, le prime riflessioni svelano l’arcano retro-pensiero.

Prima azione sensata: per partire con il piede giusto è importante separare concettualmente il problema dal sistema di risposte esistenti (e possibili) e separare entrambi da coloro che saranno chiamati concretamente a costruirle e gestirle.

2. Ce l’ho, manca. Ovvero, svelare le opportunità nascoste

Sempre più spesso gli Enti Gestori o gli Amministratori locali sono chiamati a costruire ed attuare Piani in contesti caratterizzati da una crescente instabilità, sia dal punto di vista delle risorse  pubbliche disponibili (sempre meno e sempre più incerte) che degli assetti organizzativi (sempre più flessibili ed oggetto di frequenti ristrutturazioni – per fusione, accorpamento etc). Un tale scenario richiede la capacità di rileggere l’esistente in una logica di valorizzazione ed ottimizzazione tale da rendere visibili possibilità non colte, da aumentare la produttività dei sistemi di scambio già in essere (reti) fra enti e servizi, da intercettare e diffondere pratiche di successo a partire dalla valutazione di cosa le renda effettivamente “di successo” e a quali condizioni siano concretamente trasferibili in contesti altri.

Seconda azione sensata: non è più sostenibile credersi parte di un sistema costantemente deprivato; pertanto bisogna re-imparare a vedere e cogliere l’opportunità laddove sembra di scorgere solo la mancanza.

 3. Perché cambiare? Ovvero, definire obiettivi sensati

Costruire un Piano impone di esplicitare, lungo un periodo dato, quali sono quei cambiamenti concreti che ci si attende di vedere realizzati sui destinatari delle azioni (l’intera popolazione o segmenti di questa, piuttosto che un dato ambito territoriale), coerentemente con il quadro di problemi evidenziato e con le linee di intervento (azioni) stabilite. Spesso tuttavia, i Piani (anche per un’oggettiva difficoltà previsionale circa gli effetti che le politiche potranno generare) si limitano ad andare poco oltre la dichiarazione condivisa di intenti o la riaffermazione dei diritti esigibili costituzionalmente garantiti, rispondendo in tal senso più alla necessità di rafforzare e condividere l’appartenenza ad un medesimo sistema valoriale che di sviluppare concretamente il Piano (e le politiche sottese).

Terza azione sensata: definire ed interpretare gli obiettivi è spesso una battaglia che assorbe troppe energie; meglio quindi identificare pochi cambiamenti attesi (su target e contesti chiaramente definibili) in modo che siano concreti, raggiungibili e pertanto traducibili in obiettivi specifici, misurabili e realistici.

 4. Perché co-progettare? Partecipazione allargata vs partecipazione qualificata

L’esistenza di problemi complessi chiama in causa, per la loro riduzione o rimozione, il contributo di attori diversi, istituzionali e non, per la costruzione del cosiddetto sistema di risposte integrate. I Piani, in quanto strumenti di programmazione, rafforzano questa modalità di intervento integrata nell’ottica di “condividere responsabilità e risorse”. I “tavoli”, i gruppi tematici, particolari selezioni di portatori di interesse (tutti gruppi in costante crescita) diventano alcuni dei “luoghi” privilegiati in cui costruire, sovente dal basso, queste politiche integrate. Il tema della gestione della partecipazione e la relativa scelta dei criteri di selezione degli attori che vi prenderanno parte diventa dunque particolarmente rilevante poiché, la “soluzione” non può essere ridotta al criterio di mera rappresentanza. In prospettiva, l’allineamento dei valori, delle percezioni, degli obiettivi di tutti questi soggetti all’interno di una visione e di una missione condivisa rappresenterà la leva di maggior peso a garanzia del successo di un Piano.

Quarta azione sensata: non considerare il solo utilizzo del criterio della rappresentanza (e rappresentatività) dei diversi interessi su un dato territorio o rispetto ad una certa politica; al contrario, essere promotori di una partecipazione allargata e qualificata (per ruolo istituzionale all’interno del sistema – in tal caso la persona ingaggiata deve realmente rappresentare un “ponte” fra il tavolo e l’organizzazione di riferimento – per competenza, esperienza o conoscenza di specifiche tematiche).

2 Responses to “Prove di programmazione: 4 suggerimenti per Piani di Zona e di Salute utili ed utilizzabili.”

  1. avatar
    Catina Balotta says:

    Faccio solo un commento sul quarto punto. La rappresentanza allargata è sicuramente una strategia perseguita e perseguibile. Mi sembra che resti una grave difficoltà nel passaggio dalla programmazione alla realizzazione. E’ lì che, di fatto, si implementano strategie che possono migliorare (oppure no) il mondo dei beneficiari. Ed è lì che di fatto, si ancorano tutte le istanze “possibili” rispetto al mantenimento dello “status quo”. Si potrebbe pensare che ciò succeda in altri locus, ma secondo me succede proprio lì (nelle fasi implementative del piano).

  2. avatar
    Bruno Vigilio Turra says:

    Saper cogliere i bisogni, individuare opportunità e risorse, definire obiettivi chiari, costruire meccanismi di partecipazione capaci di generare un forte impegno connesso ad una visione condivisa ( ‘committment’) sono sicuramente fondamentali per costruire una buona pianificazione strategica per le organizzazioni del settore pubblico e non profit! Indichi senz’altro una direzione di lavoro coinvolgente quando impegnativa, comunque irrinunciabile per produrre valore pubblico nel presente e soprattutto nel futuro..

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