Esiste un largo consenso teorico circa la necessità della valutazione come componente fondamentale e imprescindibile della qualità di un servizio; purtroppo però, in molti casi, la pratica di valutazione si è trasformata in un mero adempimento burocratico, in una ritualità incapace di adempiere pienamente le sue funzioni di apprendimento, supporto alla decisione, sostegno al miglioramento continuo e all’implementazione di piani e strategie.
Questo post prova a fare una riflessione sulla possibile difficoltà legate all’implementazione di una nuova pratica valutativa all’interno di servizi. E’ scontato che un nuovo modello di valutazione venga assunto come efficace e quindi “fatto funzionare” senza resistenze? Sicuramente dipende dal grado di partecipazione alla sua “costruzione” che il personale del servizio ha potuto agire, ma non solo ….
Una organizzazione può avere la missione più nobile e la migliore strategia del mondo ma, senza le persone giuste, non riuscirà mai a realizzarle. Oltre alla capacità di rispettare gli altri, prima come persone e poi come professionisti, sembra utilissima, all’interno di un gruppo di persone che devono sviluppare e implementare una nuova pratica valutativa, la presenza di una dimensione empatica. L’empatia è uno dei modi attraverso i quali si può imparare a “vedere il mondo con gli occhi di qualcun altro”. Lavorare efficacemente con gli altri comporta l’accettazione dei limiti della propria autorità e del proprio punto di vista. Quando si lavora in una organizzazione i valori da condividere sono quelli che riguardano l’agire dell’organizzazione e quindi la sua missione e i suoi fini, mentre non si deve correre il rischio di sconfinare entro i valori che sono patrimonio etico di ciascuno individuo. Esistono alcuni meccanismi che possono aiutare le persone a sviluppare motivazione verso quello che fanno: in generale come professionisti, nello specifico nell’applicazione di un nuovo modello di valutazione che riguarda il servizio nel quale operano. In sintesi mi sembra di poter dire che la motivazione del personale dipendada alcune variabili pregresse quali:
1) Le precedenti esperienze del servizio legate al tema della valutazione. Non è la stessa cosa lavorare in un servizio che ha già routinizzato qualche pratica valutativa (fosse anche una pratica quale quella dell’accreditamento che essendo diventata cogente utilizza un paradigma valutativo standard ma comunque legittimo) e lavorare con servizi digiuni da questa esperienza. Sicuramente nel secondo caso non esistono precedenti esperienze di valutazione giudicate negativamente, il terreno su cui innestare una nuova pratica valutativa è più vergine, nel senso che è sgombro dai ricordi di “fallimenti”, è probabilmente più aperto alle novità e forse anche più scevro da pregiudizi; allo stesso tempo è più probabile che le difficoltà iniziali siano maggiori sia per quanto riguarda la pratica valutativa in senso stretto, sia per quanto riguarda l’effettiva implementazione di azioni migliorative. Il territorio italiano è da questo punto di vista molto diversificato, sia a livello di comparazione tra regioni, sia a livello intra regionale. E’ sempre quindi fondamentale avere chiaro il contesto sistemico e le eventuali esperienze pregresse di ciascun singolo servizio.
2) Le condizioni relazionali interne. Sicuramente una seconda variabile che influisce pesantemente sull’avvio e sul mantenimento di una nuova pratica valutativa è la “condizione relazionale” interna di ciascun singolo servizio. Un clima collaborativo e disteso facilità l’assorbimento di qualsiasi novità all’interno di un paradigma di normalità. Esistono quindi le premesse perché la novità venga ascoltata, capita, compresa e fatta propria dalla equipe del servizio senza che questo scateni conflitti interni. Se al contrario le condizioni relazionali interne sono già molto critiche, qualsiasi novità verrà trasformata in un arma a disposizione di qualcuno verso qualcun altro. Non esistono quindi le condizioni perché si possa pensare a una effettiva adesione a un nuovo modello di valutazione come spontanea richiesta del servizio, ma a una imposizione alla quale il servizio (eventualmente) si adeguerà.
3) I ritorni attesi sul lavoro fatto. E’ di vitale importanza il ritorno all’interno dell’organizzazione degli esiti delle attività valutative intraprese. E’ fondamentale che tutti gli operatori siano partecipi della progettazione del modello valutativo ed è auspicabile che, per alcuni aspetti, siano essi stessi valutatori (si può, ad esempio, chiedere loro di esprimere un giudizio sulla importanza e soddisfazione di alcune dimensioni che li riguardano direttamente: quali i rapporti con i colleghi, la retribuzione, il carico di lavoro, etc.). E’ inoltre necessario che vengano condivisi i risultati della valutazione e che gli operatori siano resi partecipi degli obiettivi di miglioramento. Questa mi sembra la premessa necessaria per l’innesto nell’organizzazione di pratiche valutative che possano ripetersi con una certa sistematicità. “Una qualunque persona sarà disposta ad intraprendere una seconda volta una qualunque attività se ha riconosciuto nell’esito della precedente azione un qualunque utilità.” [G.Montanari, 2005]
4) Il tema dell’utilità. Questo tema riveste assoluta rilevanza e determina l’effettivo successo di qualunque azione valutativa intrapresa. L’utilità riconosciuta al confronto attivato, alla messa a fuoco di alcune criticità, alla individuazione delle strategie di sviluppo, al miglioramento degli esiti che un servizio raggiunge, è di fondamentale importanza per una implementazione efficace di qualsiasi strategia innovativa. Più l’utilità verrà riconosciuta dalle diverse professionalità operanti all’interno dei servizi (collocate nei diversi livelli gerarchici) e più potremo dirci persuasi della bontà del lavoro fatto.
L’utilizzo della valutazione è sempre un evento problematico e non scontato, perché un buon uso della conoscenza è niente di meno che una fase dello stesso modo di procedere delle scienze sociali. Perché una valutazione possa essere utilizzata deve poter entrare a far parte del bagaglio di idee/teorie, e quindi di paradigmi concettuali, dei soggetti ai quali è destinata: in quanto committenti, operatori, clienti e, più in generale, possibili utilizzatori della conoscenza prodotta.
“La motivazione del personale ad applicare un nuovo modello valutativo può essere attivata grazie ad alcune strategie quali: – una corretta informazione sul da farsi, sugli obiettivi e sui risultati attesi; – una non ripetitività rispetto ad altre azioni valutative già implementate o in fase di attuazione; – un riconoscimento dell’utilità del lavoro fatto.” [G.Montanari, 2005]